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Vigneto_abbandonato
15 Jugn 2018

Bruno Beltramini immagini e fotogrammi d'arte

Vigneto abbandonato - San Giovanni di Casarsa - Bruno Beltramini © - 2018

TRATTI CHE LASCIANO IL SEGNO di Andrea Biban

Pochi minuti dopo aver iniziato l’intervista a Bruno Beltramini ho capito d’essere di fronte a una persona speciale, un artista dell’immagine poco valorizzato in Friuli, per quanto il pregio delle sue opere sia indiscutibile. Passione, storia, arte, emozione, luoghi, persone, tempo, poesia, professionalità, idee, ricerca, sperimentazione: tutto questo si trova nei suoi lavori.
Ha iniziato la carriera come assistente di Edmondo Pisani (direttore della fotografia) per quattro anni, in una nota emittente televisiva locale, osservando e “rubando il mestiere” e acquisendo sufficiente esperienza per effettuare il grande passo e soddisfare il suo sogno d’infanzia: diventare operatore. Ha lavorato come operatore per la RAI durante la guerra della ex Jugoslavia. Ha collaborato con diverse produzioni sia occupandosi direttamente delle riprese, sia come direttore di fotografia e nel frattempo la passione per l’arte lo ha spinto a seguire i corsi da privatista e diplomarsi nel 1987 presso l'Istituto d’Arte “G. Sello” di Udine.
Ha collaborato con registi come Giampaolo Penco, Eva Ch. Nilsen, Paolo Comuzzi e con centri di produzione video, filmando reportage, documentari industriali, di arte, naturalistici, documentari con artisti di fama internazionale come Hidetoshi Nagasawa, Anish Kapoor, Luciano Fabro. Sono state molteplici le interviste a persone vicine all’arte e alla poesia tra le quali i nostri poeti Pierluigi Cappello, Umberto Valentinis, Ida Vallerugo, Giacomo Vit, Amedeo Giacomini, Novella Cantarutti. Ama il suo studio che indica come “l’angolo ufficio più piccolo del mondo”, circondato dai libri più amati di poesie e di viaggi, là dove prendono vita anche le riscoperte matite.
Diverse le mostre realizzate nei luoghi che hanno un'anima, luoghi che suscitano stupore e trasmettono emozioni: la stalla dei “Colonos” a Villacaccia di Lestizza, il Palazzo Veneziano a Malborghetto, le antiche carceri a San Vito al Tagliamento. Molti i premi e i riconoscimenti nazionali ricevuti.

Come è nata la tua passione?
Andiamo molto indietro nel tempo. Da ragazzino ho vissuto a Martignacco dove frequentavo la parrocchia e il cinema parrocchiale. Non avevo la televisione, andavo da mia zia a vedere la tv dei ragazzi, mi piacevano i film di avventura e giocavo a fare l’operatore. Ho cominciato quindi questo lavoro perché “lo sentivo”. Non si tratta di un mestiere semplice, ci vogliono molta pazienza e soprattutto passione.
Sono sempre stato attirato dalle immagini in movimento, incuriosito dalle figure d’arte. Da piccolo guardavo le enciclopedie. Le immagini trasmettono emozioni. Mi piace catturare momenti naturali del territorio, acquisendo video o fotogrammi nelle diverse ore della giornata. Resto molte ore nello stesso posto e questo a volte mi permette di cogliere imprevisti. Anche nei luoghi che apparentemente non dicono nulla si può trovare la poesia.

Qual è il cinema che prediligi?
Mi interessa il cinema povero, fatto con persone semplici, volti antichi, il cinema che ritrae le tradizioni e i paesaggi di un territorio: i luoghi menzionati da Pasolini e dai poeti friulani, testimonianza di ciò che non c'è più o che è stato alterato dall'uomo. Nella mia vita lavorativa è sempre presente la poesia. In essa ho riscoperto questo Friuli, una terra vissuta in cui l'arte può nascere anche dal dolore.

Qual è il ruolo del tempo nelle tue opere?
Mi piace ripercorrere e ritornare negli stessi luoghi dopo diversi anni e rifare le stesse cose, vivendole con una coscienza nuova, vedendole in maniera diversa. Il discorso del tempo è importante, tanto è vero che nelle mie opere c’è in diverse accezioni. Narro lo scorrere del tempo, prendo ispirazione dal testo di un poeta o scrittore e metto insieme fotografie e video. Mi profilo anticipatamente l'immagine che desidero realizzare e poi cerco di creare la situazione che mi consente di realizzarla. Non a caso investo molte ore nello studio delle condizioni di luce.

Quando è nata la tua “Fotografia in Movimento”?
Il tutto è nato per caso da tre-quattro anni. Prima di questa esperienza possedevo una telecamera, acquisivo immagini di repertorio, raccoglievo sequenze brevi. Piano piano ho cominciato ad allungarle inserendo piccoli movimenti, poi a inquadrarle con un passe-partout e incorniciarle. Mi sono reso conto che potevano funzionare come quadri.
Per quanto riguarda invece i lavori a matita li ho chiamati FOTO_GRAFIE. Estraggo la fotografia o il video dal fotogramma voluto, lo stampo su carta da disegno, poi interamente e minuziosamente lo ripasso con le matite colorate. Quello che più mi interessa è la simbiosi tra la fotografia e la pittura. Durante le mostre tutti mi chiedono se sono foto o sono pitture: sono tutte e due.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Vorrei allestire nuove mostre in luoghi particolari e sviluppare nuovi progetti che sto preparando.
Continuerò la mia ricerca avvalendomi delle persone più vicine sintonizzate sulla mia lunghezza d’onda. Tre anni fa non sapevo che avrei ripreso in mano, dopo tantissimi anni, le matite. Può darsi sia un desiderio temporaneo, ma in questo momento mi sta offrendo parecchi stimoli e tante soddisfazioni.

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