DALLA VALCANALE di Raimondo Domenig
Ogni paese ha la sua festa patronale che spesso coincide con la classica sagra paesana estiva. La Valcanale non si differenzia da altre iniziative alpine, ma ha particolarità uniche, apprezzate dai valligiani e soprattutto dagli ospiti che affollano le località nel classico periodo delle ferie estive. I lindi paesi si animano in questo periodo e la curiosità per ciò che offrono è sempre nuova e molto interessata.
Accanto alle numerose manifestazioni, due eventi sono particolarmente graditi e sentiti. Il primo si esprime lungo il filone di tradizioni antiche che si rifanno ai tempi in cui attorno al vetusto tiglio presso la chiesa si riunivano i capifamiglia per decidere dell’amministrazione della comunità locale e per dirimere le questioni paesane, dalle diatribe agricole alla pastorizia e alla monticazione del bestiame sulle verdi malghe alpine. Il tiglio è ritenuto ancor oggi l’albero sacro soprattutto dalle genti di estrazione slava. La modernità ha cancellato in molti paesi questo simbolo identitario. Altri tigli maestosi indicano luoghi di particolare interesse storico, come quello del palazzo veneziano di Malborghetto e quello di Rutte, che ricorda epiche battaglie napoleoniche combattute tra le soverchianti truppe del condottiero francese contro ridotte schiere di austriaci.
I paesi di Ugovizza e di Camporosso sono gli interpreti dell’omaggio che i paesani riservano a quest’albero che di per sé rappresenta la bandiera più genuina delle comunità. Qui, in occasione della festa patronale, si sposa la tradizione religiosa della S. Messa con il rito della “conta”, una colorata manifestazione dei giovani che ogni anno entrano nel mondo degli adulti. Dopo la S. Messa una giovane in costume con il tradizionale mazzetto di garofani e di altre essenze, il “puschl” appuntato al seno, funge da mescitrice del vino bianco ai coetanei, alle coetanee e al gruppo di adulti che accorre per dare man forte al coro improvvisato. Il gruppo si riunisce in cerchio attorno al tiglio e, in lingua slovena e tedesca, esprime con le parole profane di canti tradizionali la propria gioia e la propria preghiera alla divinità per i doni che la vita offre, dall’amore al benessere nelle sue varie declinazioni.
Accanto all’antico retaggio di usanze inveterate, la modernità ha consolidato negli anni nuove tradizioni estive, come ad esempio l’Alpenfest che per consuetudine si svolge nel periodo di ferragosto a Tarvisio. Al posto della sagra di paese e dei suoi riti qui si privilegia la folta presenza di gruppi locali e stranieri in costume, in una manifestazione d’avvio della festa che si svolge nella colorata sfilata pomeridiana lungo le vie cittadine, con l’accompagnamento della banda della Valcanale. Poi la festa si accentra in piazza Unità attorno a una simbolica “maja” e a decorate baitine che offrono i prodotti tradizionali della cucina, della pasticceria e della birra locale. Il tutto viene allietato da eventi culturali, da performance e da orchestre che fanno riecheggiare i loro sound e i loro ritmi nelle festose notti di agosto. Nel modo di interpretare la gioia per l’estate, per i suoi colori, per il clima mite e le giornate lunghe, le ferie e quant’altro, la festa rappresenta per gli abitanti e soprattutto per i turisti la sede adeguata per entrare in contatto e conoscere meglio il luogo del loro soggiorno, per fraternizzare e per assaporare un po’ dell’antico spirito alpino che anima la cittadina e l’intera vallata. Nata come alternativa alla classica sagra paesana e ben lontana come modalità e finalità dal rito della “conta”, l’Alpenfest si dissocia completamente dalla tradizione che vedeva e vede legato strettamente l’aspetto religioso e quello profano. Qui, accanto ad accenti italiani e di varie parlate dialettali, s’odono quelli tedeschi della vicina
Carinzia, quelli sloveni della vicina Slovenia. Con curiosità vengono accolti i costumi tradizionali delle tre comunità contermini, l’elegante “Tracht” del Kanaltaler Kulturverein locale, l’antico e raffinato della Bauerngman di Villach e quello più colorato, decorato e appariscente della tradizione slovena di Ratece e dei paesi sloveni.
Tramite i costumi anche il turista più distratto riconosce le differenze e, sorseggiando birra o vino in compagnia delle persone in costume, riesce a farsi un quadro molto preciso di che cosa rappresenta il territorio di confine: un esempio di convivenza nel piacere e nella gioia della festa, tra linguaggi e usanze diverse, nel segno non di formale ma di vera integrazione transfrontaliera e d’autentico esempio a livello europeo.