TRA I SENTIERI DELLE FIABE di Elisa Cofini, a cura di Angelica Pellarini
C'era una volta...
Ehi, che c'è di strano? E' così che iniziano le fiabe, no?
E va bene, dato è piuttosto anacronistico ai tempi dei social network utilizzare la parola "fiaba", chiamiamola – chessò – "short story".
Okay, allora questa è la short story di una trottola. Ma anche la trottola è un gioco desueto, mi direte. Come? Alcuni di voi non ne hanno neppure mai vista una?! E se vi dicessi che somiglia ad un “fidget spinner”?
C'era una volta una Trottola, di quelle di legno.
L’artigiano mise nel fabbricarla una dedizione maniacale e amorevole, continuava a incidere e incidere. La voleva perfetta: precisissima nel movimento e splendida nell’estetica. Così, pur partendo da un grosso blocco di legno d’acero, la trottola venne fuori piccola piccola.
Aveva esaurito il tempo nell’intagliarla e, poichè Natale si avvicinava, si limitò a una veloce pennellata di rosso prima di portarla al negozio di giocattoli, dove la negoziante, apprezzatane la perfetta fattura, la mise sullo scaffale dei giocattoli “vintage”.
La sua dimensione la rendeva poco competitiva: finiva per nascondersi dietro alle altre e anche quando qualcuno provava a farla girare si rivelava più difficile da maneggiare. I bimbi più piccoli la mettevano in bocca, scambiandola per una caramella, e le mamme attente la scartavano proprio perché pericolosa.
La piccola era estremamente narcisista: adorava essere scelta, anche se provvisoriamente, essere presa da quelle mani, sempre diverse, e poter girare un po’. Era la prima a spassarsela lei, giocava! Girava intorno alla sua piccola anima pesante, divertendosi e facendo divertire. Protagonista, vezzeggiata per un solo attimo. Turbinava in preda all’eccitazione, credendo di spiccare il volo.
A una settimana dal Natale, però, un bambino particolarmente maldestro la ruppe. La mamma non voleva proprio cedere: era troppo cresciuto per un gioco così banale, ne avrebbero scelto insieme uno più “didattico”. E così il piccolo, con la forza capricciosa della sua età, la scagliò a terra, pensando: “se non posso averla io, non l’avrà nessuno!”.
La nostra eroina non si ruppe, ovviamente, era fatta di legno robusto. Scheggiatasi in modo quasi impercettibile, poteva ruotare ancora. Ma la sua perfezione era compromessa: ogni 14 giri esatti si sbilanciava un po’ verso destra, come zoppicasse, e ogni 378 cadeva rovinosamente.
La negoziante le mise uno sconto del 30%. Lei era affranta, divenne ancor più rossa per la vergogna di quel marchio. DIFETTOSA. Nessuno la provava neppure più. Qualche giorno dopo, restò l’unica trottola invenduta, e la negoziante abbassò ancora il prezzo: -50%. MERCE ROVINATA. La piccola era disperata, pensava di farla finita buttandosi dallo scaffale.
La Vigilia, poco prima della chiusura, entrò nel negozio un tipo strano. Era un circense indipendente, che organizzava spettacoli in tutto il mondo e che si trovava in città per il Natale. Il tizio in questione era così smemorato che aveva dimenticato di acquistare il regalo per il suo nipotino. Viveva letteralmente tra le nuvole, lui... faceva l’Equilibrista.
Comprò la trottola senza provarla, ma non raccontò mai il motivo per cui non la regalò più: disse di aver dimenticato il dono e regalò al bambino un pacchetto di cioccolatini. In realtà, quella notte, in un attacco di insonnia, prese quell’innocente giocattolo e iniziò a farlo ruotare. 14 giri, un piccolo sbalzo. 378 giri e la trottola cadde una prima volta. Poi cadde ancora, e ancora. L’Equilibrista non poteva certo percepirne le rotazioni con precisione, ma contò i secondi che passavano tra un incidente e l’altro, e si rese conto di quanto quel piccolo marchingegno fosse perfetto, nella sua imperfezione.
All’improvviso, l’Equilibrista pianse. Di recente si stava scoprendo invecchiato, sempre più spesso metteva un piede in fallo durante gli allenamenti. Per evitare defaillances, aveva iniziato ad accorciare la durata degli spettacoli. Il suo filo era ormai in discesa. Il suo psicologo gli ripeteva che era tutta questione di deconcentrazione. E ora, un oggetto qualsiasi lo commuoveva.
Teneva una fune per allenarsi anche in camera da letto, a circa mezzo metro dal pavimento, e gli venne d’impulso la voglia di fare pratica, così, alle 3:20 della notte di Natale. D’improvviso gli venne un’idea: la Trottola sembrava un oggetto perfetto su cui concentrarsi! Pose sul palmo la piccola base di legno, perfettamente liscia, con cui gli avevano venduto il giocattolo e iniziò a camminare sul filo. Faceva un passo ogni volta che la trottola vibrava in quel suo modo strano. 14 giri, un passo, e così via. Gli occhi fissi, anziché sulla meta, sulla sua piccola compagna di viaggio. Il 27esimo passo accadde un fenomeno strano: era arrivato alla fine della fune, e con un solo movimento fluido ed elegante si girò. La Trottola sarebbe dovuta cadere, come tutte le altre volte, e invece quello strano movimento la mantenne in equilibrio. Continuava a sbilanciarsi impercettibilmente ogni 14 rotazioni ma, finchè l’Equilibrista camminava, lei non cadeva. Erano legati l’uno all’imprecisione dell’altro.
Il giorno di Natale, l’Equilibrista tenne per la sua famiglia un piccolo spettacolo e la variante della trottola divertì moltissimo tutti, specialmente il nipotino, tanto che da quel momento fu introdotta come elemento fisso nei suoi spettacoli.
Non so se vissero per sempre felici e contenti, o se, come quelle di molti, le loro strade un giorno si separarono. Ma non si dimenticarono mai.