Il tratto mancante
LE ANTICHE VIE DEI CAMMINI A CURA DI MARINO DEL PICCOLO
Ogni passo rende possibile quello successivo. Si cerca solo ciò che già si conosce. Ma il cammino è sempre nuovo ti fa trovare più di quello che cerchi. È il modo di procedere più antico dell’uomo. Mentre procede può trovare le tracce lasciate da chi è passato prima. Le tracce dei cammini antichi sono luoghi di sosta e di preghiera, sono cortecce colorate, sassi impilati, pietre scolpite, resti di intonaci dipinti a fresco che raffigurano pellegrini antichi, lacerti di mosaici che ripetono figure simboliche, indicano corrispondenze vicine e mete intermedie e lontane. Anche la nostra regione è come un manoscritto antico. È come percorrerlo lungo le righe e dentro nelle sue miniature. Abbiamo seguito così la direzione dell’Hospitale sulle tracce di San Giovanni e di San Tomaso, la sua Via fino all’Adriatico, fino a Gerusalemme, il centro della speranza dell’umanità, dove se vuoi trovare devi condividere, incontrare le diversità, superare le repulsioni. Con il riconoscimento reciproco c’è il progressivo ricordo. Gerusalemme è un gorgo che raddrizza le direzioni. Per comprendere Gerusalemme ci vogliono almeno tre giorni. Solo quando ti sarà dolce quella diversità e ti sentirai di poterle affidare anche la tua speranza, allora potrai entrare e con te porterai tutta l’umanità. Lì al Santo sepolcro, nella Città Vecchia e più su a Tabga e persino a Gaza, ci sono mosaici e affreschi con i temi di Giona, pavoni e alberi della vita, barche a due alberi e a due timoni, galli e tartarughe e similari, luci e ombre, vasche battesimali, disegni identici a quelli che si trovano ad Aquileia e a Concordia Sagittaria, che sono simili a quelli presenti sulle vie dell’Hospitale di San Tomaso di Majano, la Via di Allemagna e del Tagliamento. Siamo sulla stessa via, e procede oltre. A Gerusalemme si vedono ancora le tracce iniziali, quelle del cammino di Abramo, quello più giusto, fatto per conto di tutta l’umanità. Abbiamo seguito i suoi passi verso Nord. In Cisgiordania a Nablus e a Jenin ci sono i campi profughi senza pace da settant’anni. Vicino a Nablus sono rimasti anche i Samaritani, 300 in tutto, eredi delle 10 tribù di Israele del Nord: il piccolo resto degli israeliti, ebrei del monte Garizim. Oggi è un percorso impedito dai muri, dai confini invalicabili. Più su c’è Nazareth dove si incontra la Via verso Cafarnao, il Giordano, Gerico. Da Nazareth verso nord la Via è di nuovo bloccata verso la Siria, la proseguiamo idealmente. Passa a Damasco e a Mar Musa il monastero di Padre Paolo dall’Oglio, lo abbiamo incontrato, gesuita, della chiesa siriaca cattolica, si è dedicato alla vocazione del dialogo interreligioso con il consenso di papa Woytjla. È Paolo che ha fatto rinascere il Cammino di Abramo. Sulla sua spinta abbiamo proseguito il cammino di conoscenza in quelle terre dilaniate, lì la prima guerra mondiale esportata dall’Europa non è ancora finita. Proseguiamo a Oriente sui passi dell’apostolo Tommaso. Passi incerti, ma milioni di persone per duemila anni hanno saputo del suo passaggio e quel che più è importante, ci hanno creduto. Ad Aleppo, a Edessa, ad Harran, a Moshul-Niniveh, dove c’è ancora la chiesa di San Tommaso lì la tradizione sa che lui ha abitato, una chiesa del primo secolo poi modificata, la più bella di Moshul, lì aveva posto la sede l’IS. Il 3 luglio 2017 sono fuggiti senza avere il tempo di farla esplodere, era il giorno di San Tommaso. A Herbil, presso al-Qosh, ci sono ancora i siti degli ebrei di Niniveh giunti al tempo dell’occupazione, non ancora babilonese, ma assira, dell’VIII sec. a.C. delle 10 tribù di Israele al nord. Si prosegue a Urmia- Horumiè in Iran occidentale lì c’è la chiesa forse più antica, risalente al I sec., dedicata alla Madonna presso la tomba dei Re Magi, zoroastriani, dove la tradizione indica che San Tommaso nel suo Il tratto mancante La Via della Seta e la Via Maris LE ANTICHE VIE DEI CAMMINI A CURA DI MARINO DEL PICCOLO 17 cammino a oriente li abbia raggiunti, incontrati e li abbia battezzati sul Monte della Vittoria (del bene sul male), il Firuz kub , così come è riportato nell’Opus imperfectum in Matheus. In Iran abbiamo trovato le tracce perdute dell’accademia di Jundishapur, la prima università internazionale – raccoglieva studiosi cristiani nestoriani greco romani, babilonesi, arabi, indopersiani, afghani, cinesi – e dell’ospedale moderno che si è poi sviluppato nella Casa della Sapienza di Baghdad, di Nisibe fino all’ospedale di Gerusalemme il modello dei primi ospedali europei in rete di cui l’Hospitale è superstite. Lì vi fu anche la sede della chiesa Assira d’Oriente. In Mesopotamia la croce di San Tommaso è raffigurata con una base a forma di ziqqurat a 5 gradini come quella di Choqa Zambil (cestino rovesciato - immensa torre di Babele ancora esistente in mattoni cotti con iscrizioni cuneiformi) presso Susa in Persia. La Via orientale prosegue decisa verso l’Afghanistan, sulle tracce di pellegrini come Rumi e Zoroastro verso Merv, Balkh, Samarcanda verso la Mongolia e a X’ian in Cina. Da quelle parti si trovano le tracce di pellegrini di ogni tempo anche quelli di Beato Odorico da Pordenone che tornò dalla Cina proprio attraverso l’Afghanistan. Ma prima, all’andata, si era imbarcato nel Golfo Persico per andare in India a cercare i resti dei martiri e per pregare sulla tomba di San Tommaso apostolo a Mylapor sulla costa orientale. San Tommaso è l’unico apostolo con San Pietro e San Giacomo il Maggiore ad avere una cattedrale sul luogo della tomba. Odorico cominciò il cammino a Oriente nel 1318, proprio 700 anni fa. Giunse in Cina dal Mare attraverso Canton (Guangzhou nella regione del Guandong). Antonio Cosimo De Biasio ha studiato trent’anni il suo cammino e ha trovato i riscontri dimostrando la veridicità e l’importanza fondamentale del viaggio di Odorico che testimonia nella sua Relatio di una Cina straordinaria che non abbiamo mai conosciuto. Di vaste città all’incrocio delle vie con i fiumi, con ponti chilometrici con archi murari parabolici, porti fluviali con grandi navi con vele di bambù a saracinesca, da mille passeggeri, con acqua dolce a bordo per coltivare verdura fresca. Avrebbero potuto navigare ovunque e lo hanno fatto. Ma non si dedicarono alle conquiste via mare. Odorico, frate francescano, ha cercato l’incontro con l’uomo, con autentica curiosità e stupore, si è lasciato sorprendere superando i pregiudizi e i paternalismi orientalistici. Osservò e documentò città con mercati dove si scambiavano prodotti straordinari e idee, si incontravano etnie, culture, preghiere. C’era la seta, la carta, la polvere pirica per i fuochi d’artificio, stampavano libri da tempo. Non c’era il problema della tolleranza non l’avevano ancora scoperto. C’erano e ci sono ancora chiese cristiane nestoriane e manichee (sono rimaste solo lì), moschee e templi buddisti, collegi taoisti, l’una accanto all’altro. La tolleranza in Cina era proverbiale. Forse a quel tempo le religioni camminavano insieme trovavano sogni comuni e le vere differenze, si rafforzavano le identità, che sono rimaste, tutte, diverse, anche perché ognuno ha il suo percorso. Una Cina antica aperta alle diverse culture e alle diverse religioni, lì tutte presenti in un sistema antico, "normale", di convivenza delle diversità. Certo, non tutte le dinastie si sono comportate così, nel 845 d.C. l’imperatore lanciò una grande persecuzione contro buddhisti e anche i nestoriani e i zoroastriani [Franco Cardini, La Via della Seta. 2017]. Tuttavia nel complesso l’accoglienza delle città e dei caravanserragli disseminati sulle piste desertiche a distanza di una giornata di cammino continuarono a sviluppare la via tra occidente e oriente, l’asse fondamentale per la civiltà e il suo senso, la sua speranza. Sono le antiche Vie Reali di Persia, poi dette, nell’Ottocento, Vie della Seta, e a Gerusalemme si collegano con le vie dell’Hospitale. Terre vertiginose, città di culture millenarie. Comunità per le quali l’ospitalità era sacra e l’incontro delle culture la regola. Cento anni di guerra (non fredda) hanno sconvolto quelle terre, eppure da quelle parti si è manifestata nella memoria l’idea del paradiso e della lotta tra il bene e il male. Il monoteismo e la preghiera incessante, la stretta di mano di riconoscimento. Ancora la Via della Seta è bloccata dalle guerre in Afghanistan, in Iraq, in Siria e non solo. Ora la rinascita della Via della Seta spinge, la Cina vuole riaprirla, ha investito 1000 miliardi e per farlo deve risolvere i conflitti. È un’opportunità storica imperdibile. La via funziona sempre, come la leva, la ruota in discesa, mette in contatto diretto le persone, polverizza le propagande: la storia delle relazioni sta dalla sua parte. Il cammino è un metodo molto affidabile. Lo stanno scoprendo anche i geografi. Il camMattoni cotti con iscrizioni cuneiformi nella Ziqqurat di Choqa Zambil vicino a Susa (Iran). Susa (Iran) la tomba di San Daniele profeta, dove pregano insieme sciiti, sunniti, cristiani, ebrei. 18 mino o è continuo oppure non funziona. Non è possibile sorvolare. Solo così è stato possibile rilevare un tratto mancante. Un tratto antico, dimenticato, sepolto da troppo tempo. È nientemeno il collegamento tra Alessandria d’Egitto, Gerusalemme e Damasco, su ad Harran, e a Est verso Nisibe, Ninive, Babilonia. È l’antica Via Maris. Il collegamento tra l’Egitto dell’Antico Regno e il Levante, tra Menfi, Qadesh e Ugarit. Passa a Gaza e lì la Via si congiunge con la Via dell’Arabia Felix (e da Zanzibar) delle Spezie e dell’Incenso (vie che poi incontravano la Via della Seta anche più a est a Susa e a Ecbatana (Teheran) attraverso il Golfo Persico). Sulla Via Maris si sono rincorsi Egiziani e Ittiti 4000 anni fa. Proprio la via iniziale tra Egitto, Siria, Anatolia, Mesopotamia e Persia, quella che aveva percorso Abramo secondo la tradizione. È anche la via percorsa da San Francesco nel suo cammino da Damietta, dove incontrò il sultano Al Kamil, a Gerusalemme. È la via riscoperta da padre Paolo Dall’Oglio e che passa anche a Mar Musa. È dunque il Passaggio di Gaza. Lì Europa, Africa e Asia si toccano. La linea della via più antica tra Occidente e Oriente, ora è usata al contrario come filo spinato, linea di confine invalicabile. Innominabile. Inaccettabile. Ma la Striscia ha ancora resti archeologici straordinari romani, monasteri cristiani del III sec., come quello di Sant’Ilarione il più antico monastero in Palestina e poi ancora opere degli Omayyadi e dei Mamelucchi. Prima Gaza era stato avamposto persiano nel Mediterraneo, lì si vede il confine storico anzi il passaggio tra Oriente e Occidente. È In Palestina. E quest’anno ricorre il settantesimo anno della Nakba. La via più antica ora striscia sotto terra attraverso i tunnel. Al tempo dei Merovingi in Europa era famosa l’uva di Hebron e il vino di Gaza. Ancora nel ‘700 c’era ancora un grande ospitale a Gaza, fondato dai francescani nel 1588. Di lì sulla Via Maris passavano i pellegrini provenienti dall’Hospitale di San Tomaso, giungevano in barca ad Alessandria per recarsi in Palestina, in Terra Santa a Gerusalemme a Hebron, Betlemme, a Nazareth. Gaza, una città e una striscia che ha avuto un periodo glorioso durante l’impero Persiano. Fu una delle sue capitali, la fortezza principale, la metropoli delle satrapie persiane dei filistei. Manco a dirlo fu distrutta da Alessandro. Ma al di là del fatto specifico in effetti è lì che si è verificata l’incrinatura tra Occidente e Oriente. Cosa è rimasto di là e cosa non è giunto di qua? L’incontro serve a questo, a riconoscersi attraverso gli occhi dell’altro. Senza alimentare i luoghi comuni, ma le differenze ci sono. E sono interessanti anche se mai in valore assoluto. Per i Cinesi erano tutti barbari quelli che venivano da Occidente e anche per gli egizi, gli altri popoli erano barbari. Cosa avevano rilevato Ippocrate ed Erodoto, i primi sembra a rilevare le differenze sostanziali con l’al di là del Mediterraneo. Hanno inventato l’etnologia comparata, hanno scoperto l’illuminazione reciproca. Individuarono lì la separazione tra Persia e Grecia, tra religione monoteista e mito, tra accettazione remissiva del governo e ricerca anche violenta della libertà democratica, tra attenzione al presente e al qui e ora a Est e al futuro a Ovest, attenzione alla comunità o all’individuo, far parte della natura o assoggettarla. La striscia è recintata su tutti i lati anche dal mare le barche non possono avvicinarsi alla linea rossa delle tre miglia nautiche, sia in ingresso e in uscita. A Gaza vivono due milioni di persone in un territorio come metà della Bassa Friulana. È impedito qualsiasi scambio di merci compresi i medicinali, né flusso di persone compresi i malati. La Striscia è stata distrutta nel 2008- 2009, nel 2011 e nel 2014. Ogni volta i palestinesi di Gaza hanno ricostruito i ruderi con i ruderi. Non possono uscire a pesca, non possono produrre e non possono commerciare, non hanno acqua per coltivare. Acqua ed elettricità solo qualche ora al giorno. Mancano i medicinali. Anche i pochi aiuti umanitari internazionali si stanno riducendo. È come se ci fosse un terremoto all’anno senza aiuti. Ci sopravvivono sopra. Qualcuno con ironia. Bambini e ragazzi distrutti psicologicamente da 10 anni di bombardamenti. Hanno perso tutto ma qualcosa hanno trovato. Non è solo la resistenza, l’adattamento, la resilienza. È la cura reciproca. Si trova dopo la disperazione. Tutto è basato su quello che resta. Anche nei ruderi c’è il presentimento della rinascita che spinge. Nella decomposizione, nella fine si può sentire il nuovo inizio. La cura non costa attinge da un serbatoio illimitato e nessuno lo può saccheggiare, bombardare, saccheggiare. Nessun bulldozer la può seppellire, nessun cecchino la può atterrare. Sono le donne che hanno in mano la comunità. L’unica cosa comune e sicura è la fiducia. L’unica certezza è che “Lui ti carica sulle spalle solo pesi che sa che puoi portare”. E con questa puoi portare tutto. Si sono adattati all’impensabile alla sofferenza fisica e psicologica. "Qui e ora", pongono l’attenzione al presente, nessun progetto, nessuna manifestazione. Nessuno ne verrebbe informato. Se gli eventi non sono controllabili si cerca una nuova condizione di armonia ed equilibrio. Tutta l’attenzione è per la comunità, per l’insieme. È strano quando non ti resta più nulla puoi trovare la risorsa più preziosa, che nessuno può rubare. La via della Speranza primitiva passa lì attraverso i tunnel. La crisi umanitaria ora però è più grave. Mancano medicinali. È stato un lungo percorso, era la Via Maris il passaggio mancante. Da 70 anni. Ma ora sappiamo dov’è. Sulla Via da Aquileia ad Alessandria a Gerusalemme. Siamo sulla stessa via, qualcosa cambia.